Home » La Roma ‘elimina’ una Nazione: esiliati in massa da Trigoria | Una vera carneficina

La Roma ‘elimina’ una Nazione: esiliati in massa da Trigoria | Una vera carneficina

Dan e Ryan Friedkin - Foto Ansa - Ilgiornaledellosport.net
Dan e Ryan Friedkin – Foto Ansa – Ilgiornaledellosport.net

L’era De Rossi ha segnato l’inizio di un nuovo ciclo in casa giallorossa: in attesa del nuovo ds, presa una decisione inattesa e definitiva.

Metti un figlio d’arte al centro del nuovo corso della Roma. Anzi… due. In casa giallorossa l’era Mourinho sembra appartenere già al passato, grazie all’ottimo impatto avuto da Daniele De Rossi in particolare dal punto di vista ambientale.

Del resto la decisione di chiudere in anticipo la gestione dello Special One non è stata presa a cuor leggero dalla famiglia Friedkin, ben consapevole del profondissimo segno che il tecnico portoghese aveva lasciato nel cuore dei tifosi, toccabile con mano non solo grazie ai risultati conseguiti in Europa o alla lunga serie di sold out dell’Olimpico.

Solo un altro idolo come De Rossi avrebbe potuto lenire almeno in parte la delusione dell’universo romanista e così sta accadendo, anche grazie alla personalità che il centrocampista campione del mondo nel 2006 sta mostrando in ogni sua scelta, non solo quelle strettamente tattiche. Una delle principali riguarda proprio un altro figlio d’arte.

Se infatti De Rossi deve almeno parte del proprio cuore romanista alle gesta di papà Alberto, storico allenatore del settore giovanile della Roma, anche uno dei protagonisti del nuovo corso, il portiere Mile Svilar, ha un dna calcistico che deriva dalle proprie origini, essendo figlio di un altro estremo difensore, Ratko, attivo negli anni ’80.

Roma, tutti pazzi per Svilar: l’era Rui Patricio è al tramonto

Svilar senior è stato una bandiera dell’Anversa, e non a caso Mile è nato proprio in Belgio, ed ha anche preso parte a due Mondiali con l’allora nazionale jugoslava, pur senza mai scendere in campo nelle competizioni. L’inatteso eroe della notte di Europa League contro il Feyenoord sembra avere ormai conquistato il posto da titolare al termine di un ballottaggio durato in realtà piuttosto poco.

A farne le spese è stato l’esperto Rui Patricio, che proprio poco dopo aver compiuto 36 anni, lo scorso 15 febbraio, ha iniziato a masticare per la prima volta in carriera il duro pane del portiere di riserva, dopo oltre 15 anni da numero 1 indiscusso tra Sporting, Wolverhampton, nazionale portoghese e appunto Roma. L’addio a fine stagione è quindi scontato. Fine di un’era? Sì, ma non solo. A Trigoria sembra infatti essere ormai finito un vero e proprio “ciclo portoghese”.

Renato Sanches - Foto Lapresse - Ilgiornaledellosport.net
Renato Sanches – Foto Lapresse – Ilgiornaledellosport.net

Addio a tutti i portoghesi: Roma, scelta fatta sul mercato

In poco più di un mese, infatti, ben tre degli “alfieri” lusitani che erano protagonisti a Roma hanno già detto addio o sono prossimi a farlo. Oltre a Mourinho e all’accantonamento di Rui Patricio, infatti, non si può dimenticare che lo scorso 4 febbraio a salutare tutti era stato il general manager Tiago Pinto, che aveva anticipato già a gennaio l’intenzione di dimettersi. E non è finita qui.

Se infatti, più ancora di Mourinho, era stato proprio Pinto a puntare su Rui Patricio, lo stesso dirigente aveva deciso di puntare a occhi chiusi su Renato Sanches, definito un proprio pallino dall’ex dirigente del Benfica. L’esperienza romanista del quarto portoghese è stata però per il momento disastrosa, tra infortuni e apparizioni poco brillanti. Il centrocampista tornerà al PSG per fine prestito lasciando pochi rimpianti portando via con sé, chissà per quanto, l’ultimo refolo di vento portoghese sul centro sportivo Fulvio Bernardini.