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“Mi spiace, ma l’Esercito mi reclama”: altro che sfidare Sinner, per lui scatta l’obbligo del MILITARE: 18 mesi di leva

Campo da tennis - Foto Lapresse - Ilgiornaledellosport.net
Campo da tennis – Foto Lapresse – Ilgiornaledellosport.net

Lo sport professionistico è anche questo: l’occasione della vita che sfuma e il destino di un atleta può cambiare senza preavviso.

“L’importante non è vincere, ma partecipare” è l’aforisma unanimemente attribuito Pierre De Coubertin, considerato il padre dei Giochi olimpici moderni. In realtà si tratta, se non di un falso storico, di un concetto parzialmente strumentalizzato e soprattutto non attribuibile al Barone francese.

La storia ci insegna infatti che De Coubertin, fautore sì dello sport come portatore di valori di amicizia e cultura, si sarebbe limitato a riportare quella frase passata alla leggenda, pronunciata in origine dal vescovo anglicano di Pennsylvania prima dei Giochi di Londra 1908.

Fatto sta che di quell’ideale è sopravvissuto ben poco nel mondo dello sport contemporaneo. Le rare eccezioni si vedono proprio alle Olimpiadi, quasi sempre messe in atto da atleti di nazioni che hanno poche o nessuna possibilità di vincere medaglie e che sono realmente contenti per il solo fatto di partecipare.

Per il resto i Giochi non rappresentano certo sempre un esempio di trasparenza e sportività e i discussi episodi arbitrali che hanno coinvolto vari sport a Parigi 2024 ne sono la conferma. Soprattutto, nello sport di oggi vincere conta più di qualsiasi altra cosa. Per aumentare il proprio patrimonio, ma non solo. Quando infatti è anche la politica a intromettersi negli affari sportivi il rischio cortocircuito è concreto.

Quando vincere… non è un optional: lo strano caso della Corea del Sud

La Fifa lo ha addirittura imposto come regola, vietando ai governi delle varie nazioni di immischiarsi nelle vicende calcistiche. L’autonomia dello sport è un valore da rispettare, pena pesanti sanzioni a carico della nazionale. Di episodi se ne contano diversi nella storia recente, ma ci sono contesti in cui anche lo sport deve farsi da parte…

La Costituzione della Corea del Sud prevede per personaggi “di spicco del mondo della cultura” la riduzione del periodo di leva da 22 mesi a tre settimane. Gli atleti in questione, però, per riuscire nell’intento hanno bisogno di conquistare un titolo con la propria nazionale. Un’impresa non semplice, riuscita per un soffio nel 2018 a Son Heung-min, capitano del Tottenham e della nazionale di calcio sudcoreana.

Soon Woo Kwon - Instagram soonwookwon - Ilgiornaledellosport.net
Soon Woo Kwon – Instagram soonwookwon – Ilgiornaledellosport.net

Il campione si deve fermare per servire lo Stato: “Ma tornerò”

Dopo aver fallito in varie edizioni della Coppa d’Asia, Son riuscì a trascinare i compagni al trionfo ai Giochi asiatici 2018. Soddisfazione doppia, quindi, anzi tripla, dal momento che pure la squadra di club di Son ne trasse ovvi benefici. Non la stessa fortuna ha invece avuto Soon Woo Kwon, il più forte tennista sudcoreano, fresco di “triste” annuncio.

Il classe ’97, due titoli ATP vinti in carriera e numero 52 come best ranking ha infatti annunciato sui propri canali social che il prossimo 13 gennaio inizierà il servizio militare che lo terrà impegnato per i prossimi 18 mesi. Carriera in standby, quindi, a causa del fatto che Kwon non è riuscito a conquistare una medaglia ai Giochi di Parigi, fatto che gli sarebbe valso l’accorciamento della leva. Il ragazzo ha comunque anticipato la volontà di tornare sui campi a doveri conclusi, anche se non sarà di certo facile riproporsi nel circuito dopo un anno e mezzo di assenza.