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“Ho sempre dato il massimo…”: addio Inter, purtroppo è andata così | Inizia la nuova avventura

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Inter, un ex parla dopo l’addio – Foto Ansa – Ilgiornaledellosport.net

Un ex nerazzurro torna sull’addio alla maglia che ha difeso per tre stagioni prima di intraprendere nuove strade.

Difendere i colori della propria squadra del cuore è un privilegio per pochi calciatori professionisti. Come in ogni campo della vita e del lavoro per coronare quello che è legittimamente un sogno bisogna avere anche un pizzico di fortuna, oltre che compiere scelte ben precise.

Crescere nel settore giovanile del team per il quale si trepida fin da bambini è sicuramente il primo, fondamentale “ingrediente”, poi serve necessariamente dimostrare di saperci fare con un pallone tra i piedi, o tra i pali, per fare in modo che i responsabili del vivaio concedano una chance ad un ragazzo, più spesso un bambino, dai margini di crescita non sempre prevedibili.

Sì, perché i predestinati sono pochi, i giovani calciatori in erba che fanno capire di avere nei propri geni le qualità dei futuri campioni, quelli in grado di convincere con poche giocate anche un dirigente “neofita” non sono mancati nella storia, ma appartengono appunto ad una galassia piuttosto ristretta.

Si pensi a Beppe Bergomi per l’Inter, a Franco Baresi e Paolo Maldini per il Milan, a Claudio Marchisio per la Juventus, senza dimenticare, sempre per i bianconeri, il caso di Alessandro Del Piero, sbarcato a Torino a 18 anni proveniente dal Padova, ma che prima di approdare in prima squadra ha fatto in tempo a incantare nel vivaio del club torinese.

Quando il terzo portiere è… un tifoso: i casi di Juventus, Inter e non solo

Grazie alle regole introdotte da qualche tempo, l’”impresa” è meno difficile per i portieri, in particolare per chi accetta di ricoprire il ruolo di terzo estremo difensore, dal momento che molti club, big e non solo, sono soliti mettere sotto contratto un giocatore proveniente dal proprio settore giovanile che permette di rispettare i paletti richiesti dalla Lega sul numero minimo di elementi “formati in casa”.

I casi sono tanti, dalla Juventus con Carlo Pinsoglio all’Inter, che dopo Tommaso Berni e Alex Cordaz si è affidata quest’anno a Raffaele Di Gennaro, portiere classe ’93 tornato alla base dopo una buona carriera tra B e C proprio per fare da terzo alle spalle di Sommer e Audero. Una fortuna, questa, che non è però toccata a un altro portiere cresciuto nel vivaio nerazzurro, che però in prima squadra non ha mai debuttato e fresco di approdo in Serie B.

Tifosi Bari
Un’immagine dei tifosi del Bari al San Nicola – Foto Lapresse – Ilgiornaledellosport.net

Il messaggio all’Inter di Marco Pissardo: “Addio senza rimpianti”

Stiamo parlando di Marco Pissardo, portiere piemontese classe ’98, approdato in estate al Bari dal Novara per fare da secondo al brasiliano Brenno, ma con un passato nel vivaio dell’Inter tra il 2016 e il 2019. “Quando sono venuto qui sapevo quale sarebbe stato il mio ruolo, devo farmi trovare pronto in caso di necessità, ma anche aiutare Brenno. Ho rincorso la B per tanti anni, a Novara non rientravo più nei piani, quindi non potevo non accettare indipendentemente al ruolo che ricopro” ha detto in conferenza stampa Pissardo, che in carriera ha giocato diversi campionati di C da titolare tra Monopoli, Arezzo e Lecco.

Inevitabile poi un passaggio-amarcord proprio sull’Inter, qualche riflessione, tra sincerità e un pizzico di amarezza, su quanto è rimasto nel cuore di Marco di quell’esperienza formativa in un top club: “Fare il settore giovanile nerazzurro aiuta da una parte, ma non dall’altra. Per esplodere devi essere un top player, ma giocare in società meno blasonate può permetterti di affermarti in prima squadra. L’Inter ti dà una formazione extra campo che mi porterò dietro per sempre. Comunque non ho rimpianti per la mia carriera, ho dato sempre il massimo”.